Raudo e i cuori nel caffè

di Barbara Fabbroni

Giovanni Anzaldo esce in libreria con il suo secondo romanzo “Raudo e i cuori nel caffé” edito da Solferino.

Attore diplomato alla scuola del Teatro Stabile di Torino, ha recitato tra gli altri in Il capitale umano di Paolo Virzì, Non è un paese per giovani di Giovanni Veronesi, Il grande giorno di Massimo Venier. Ha scritto e diretto lo spettacolo teatrale Sullo stress del piccione (2014). Ha vinto diversi premi, tra cui il Premio Ubu (2010).

Nel romanzo Anzaldo racconta le vicende di Ennio un cantautore con una sola canzone: Il cane dell’appartamento, un brano ispirato a Raudo, il suo poco attraente amico a quattro zampe. Lo ha adottato insieme a V., suo grande e unico amore, che però ora lo ha lasciato per rifarsi una vita e non una qualunque: è diventata un’attrice di cinema, con nuovi amici e, forse, un nuovo fidanzato. Per Ennio non c’è altro da fare che sforzarsi di dimenticarla ma il suo temperamento malinconico non aiuta, e Torino disseminata di ricordi ancora meno: i pezzi della sua relazione finita se li ritrova sparsi nei bar, nei cinema, nei teatri, sui marciapiedi e persino tra le maglie del tappeto del salotto. Perseguitato da scene struggenti del passato, rampognato da Sandrino, il suo vicino di casa ex scassinatore e improbabile mentore, corteggiato ma non abbastanza da Lea, graziosa ristoratrice vegana, Ennio vede un’unica via di salvezza: scrivere un’altra hit che lo renda famoso e lanciarsi in una carriera da trapper. Potrebbe essere il modo per riconquistare V. Oppure potrebbe essere la ricetta del disastro. A rendere indimenticabili Ennio, il suo difettoso cane Raudo e le loro mille disavventure non sono solo il ritmo inarrestabile della narrazione o il fascino di una Torino ricca di atmosfera: è sentire, a ogni pagina, che la loro storia appartiene pienamente a chi la legge. Perché questa commedia romantica dolceamara, divertente e vera ha il sapore delle nostre giornate più memorabili, degli amori che abbiamo attraversato e perduto, della speranza e della dolcezza di quelli che iniziano.

«Ti manca, eh?»

No, non mi manca. Non mi manca affatto.

«A me manca…»

Che vuoi che ti dica, Raudo?! Che mi man­cano i suoi occhi verdi e grandi, così grandi da sembrare quattro, cinque?! Troppi occhi per noi che in due ne abbiamo solo tre.

Raudo ha smesso di ascoltarmi. Ha lan­ciato la bomba e se n’è andato. Cane in­sensibile. Meriterebbe di essere un gatto. O forse no, meriterebbe di essere quello che è: un cane obeso, zoppo e cieco da un occhio. Con un padrone che parla da solo, per giunta.

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