La sanità dei protocolli

Di Paolo Dominici

Chi può decidere quanto sia giusto vivere e chi può stabilire quale sia l’età giusta per salutare questa vita.
Non lo decidiamo certo noi e non dovrebbero deciderlo neanche coloro i quali della salute altrui se ne dovrebbero prendere cura.
Mia mamma, 91 anni, come tanti altri anziani è morta di protocolli medici, di protocolli farmaceutici, di protocolli chirurgici. Era serena, felice, in equilibrio, orientata. Dopo una vita a sacrificarsi viveva in una struttura residenziale privata dove era trattata come un patrimonio da salvaguardare, come una persona da amare e dalla quale ricevere amore.
Poi però “il protocollo”: portatrice di pacemaker secondo un operatore, quasi call center inumano di un noto ospedale della capitale andava cambiato poiché la batteria poteva esaurirsi.
Non un medico, non un cardiologo che con i famigliari si sia confrontato.
O cambia il dispositivo o non possiamo più assumere la responsabilità del controllo periodico. E sia, si è deciso ma il cambio ha comportato uno stress non indifferente per una creatura ormai fragile.
Day Surgery: arrivo in ospedale, svestizione, lettiga, camera operatoria freddissima, intervento, ritorno in stanza, due ore dopo dimissioni.
Neanche una carrozzella per riaccompagnarla in macchina. Trattamento inumano, non una persona, un “numero”, una “cosa”. Di li il calvario. Polmonite coperta, pronto soccorso eeh …tutto da protocollo: codice verde, esami diagnostici e visite.
La notte intera trascorsa in barella, in un angolo del Pronto Soccorso senza una coperta, senza ossigeno, senza conforto, senza umanità.
La mattina il trasferimento in una clinica convenzionata. Camera a pagamento per un trattamento top class…., dicevano. Solo protocolli e se non mangia si arrangia quindi “ci stia lei” ed io ci sono stato dalla mattina alla sera, ogni giorno dalla mattina alla sera. Antibiotici in vena, alimentazione in vena, diuretici, fisiologiche, farmaci cardiologici e poi…poi il protocollo: esami rx dopo 6gg, non prima. Quando è arrivato il momento del controllo mamma aveva un edema polmonare.
Quattro ore dopo il controllo è volata in cielo perché secondo qualcuno era anziana, secondo aveva fatto il suo tempo, secondo qualche medico era stanca e ha scelto di morire, secondo qualche operatore a 91 anni è giusto morire.
Secondo me se al di sopra dei protocolli e dei risparmi sul paziente e sulle prestazioni ci fosse il rapporto umano tra paziente e medico, la valutazione del caso individuale mia mamma sarebbe ancora qui a sorridere e a sorridermi. Voglio ricordare a tutti che l’Ospedale era una volta il luogo che accoglieva tutti e curava tutti dove tutti si sentivano al sicuro
Dal punto di vista della cura e dell’assistenza. Diversamente oggi, si accolgono i casi ben remunerati e mal si sopportano gli anziani bisognosi di cure, di farmaci, mal remunerati quindi “clienti” non graditi. Attenzione, anziani diventeremo più o meno tutti e se non facciamo qualcosa ora finiremo anche noi, inesorabilmente in uno di quei gironi danteschi e allora sarà troppo tardi per protestare, per ribellarsi, per cambiare le cose.


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