David Pironaci è un cantante, un insegnante di canto, un vocal coach, un talent scout, uno speaker radiofonico, un presentatore e molto, molto di più.
Inizia a studiare canto all’età di 9 anni, dopo essersi trasferito in Calabria dalla tanto amata Londra dove è nato e influenzato dalla passione per la musica che da sempre si respira in casa, comincia a lavorare a quella che sarà la sua strada che lo ha portato fino a diventare direttore artistico dell’Accademia Why Not, fondata insieme a Tomas Conforti e produttore e scopritore di talenti con Produzioni Why Not alla quale si è aggiunto anche Ernesto Lantignotti.
Ma conosciamolo un po’ meglio attraverso alcune domande:
Quando hai iniziato a studiare canto, all’età di 9 anni, avevi già nel cuore l’idea dell’insegnamento o si è sviluppato solo successivamente?
Tendenzialmente la mia prima passione è stata quella di cantare. Mio padre è un musicista e mi ha fatto ascoltare sempre bella musica, ma sono sempre stato predisposto per l’insegnamento. Tant’è che quando ero piccolo a 7/8 anni mettevo i miei peluches in fila e io dietro una scrivania insegnavo. Magari ancora non insegnavo canto, forse italiano o inglese perché vivevo a Londra, ma avevo già questa propensione.
Poi sono andato in Calabria e ho conosciuto l’insegnante Elvira Mirabelli e tutte le sue sorelle che sono musiciste e lei mi ha ispirato perché era bella e amata dai suoi studenti e ho capito che il mio sogno era quello.
Poi successivamente, sempre presso l’accademia Frederick Chopin, ho fatto uno stage con Grazia di Michele che ha visto la mia attitudine per la Musicoterapia, il dare agli altri, il trasmettere. Da questo il passo successivo è stato l’insegnamento.
Devo dire che è vero che mio padre è un musicista ma è stata la forza di mia madre che ha capito che la musica, in un momento di grande difficoltà, perché da adolescente ho sofferto di bullismo e omofobia, mi avrebbe salvato. Quindi mi ha portato ovunque, a qualsiasi stage, evento e altro per farmi fare musica, perché sapeva che sarebbe stata la mia salvezza.
Quando insegni adotti un metodo specifico? Preferisci soffermarti sulla parte tecnica o su quella emozionale?
Non seguo un metodo ben specifico. Non uso il metodo VES o VMS, ma venendo dal Conservatorio sicuramente ho una base classica. Però sono voluto andare a studiare in America per trovare il mio metodo. Che sicuramente possiamo definire emozionale o psicologico ma psicologico potrebbe spaventare!
Diciamo che cerco di entrare in sintonia con il mio allievo o allieva, capire quali sono le sue attitudini e tirare fuori il meglio.
Però negli ultimi anni stai cambiando il tuo modo di insegnare. Passando da semplice dispensatore di tecniche vocali a vero e proprio scopritore di talenti, incentivando ogni tuo allievo a tirare fuori il proprio lato artistico, qualunque esso sia. Come sei arrivato a questa decisione?
Devo dire che tengo molto alla tecnica. Per me è fondamentale. A me è servita nella vita, in quello che faccio, perché ognuno deve sapere quello che la propria voce può fare. Però sono un sentimentale, quindi ho bisogno dell’emozione, dell’anima. Ma anche questo a un certo punto non mi è bastato più. E quindi cerco in tutti i modi di tirare fuori quello che l’allievo ha dentro. Nel mio caso, come insegnante di canto, la parte autorale e cantautorale. Non ultimo, un’allieva di 11 anni ha scritto il suo primo inedito, completamente da sola. Grazie all’incentivo, a dei metodi ben precisi, ma semplici, che riescono a far emergere il meglio di ognuno.
Non solo. Come giudice di molti concorsi mi ritrovo a giudicare spesso le stesse canzoni. Credo invece, che se la musica deve cambiare, deve cambiare grazie ai nuovi artisti, ai nuovi cantanti, che non è detto che debbano diventare tutti famosi, ma è bello andare in un concorso e sentire le diverse personalità di ognuno di loro, senza essere un prodotto preconfezionato o senza ascoltare la solita cover, che si può cantare più o meno meglio di un’altra.
Quindi, oltre che vocal coach, sei anche giudice di molti concorsi e ideatore del contest Lasciatemi Cantaaare. Quindi sei anche un talent scout. Che cosa cerchi in un artista?
Si, sono stato giudice di molti concorsi nazionali, come Area Sanremo, Je so pazzo, Festival Show, ma anche di concorsi più piccoli, quindi, si, posso definirmi un talent scout! (Ride) Ad ogni concorso trovo qualcuno che mi emoziona. Tutte queste esperienze, sia positive che negative, perché non tutti i concorsi sono stati poi così puliti, hanno accresciuto in me il desiderio di creare un concorso che fosse trasparente, incentrato solo ed esclusivamente sulla musica. Non sugli organizzatori, non sui personaggi ma solo sulla musica. La fortuna ha voluto che abbiamo avuto la possibilità di avere anche dei nomi famosi, che sono venuti a premiare questi ragazzi, come Marco Carta, Cristina D’Avena, Grazia Di Michele, Giulia Luzi, che sono venuti a sostenere e questo mi piace. Non erano loro i protagonisti, ma la musica. Questo è Lasciatemi Cantaaare.
Talent scout, mi piace definirmi così non solo nella musica. Perché più di una volta mi è capitato di individuare un‘attitudine, una predisposizione di un artista anche non nella musica, come nel tuo caso Chiara (NdA si riferisce a me), nel giornalismo o comunque nella scrittura.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Hai almeno 2 ore?? (Ride) Allora, per quanto riguarda i miei artisti, mi piacerebbe non che diventassero famosi, ma che loro musica fosse ascoltata dal maggior numero di persone, che è un concetto diverso. Perché spesso il successo non è sinonimo di buona musica. Certo non ti nascondo che un Sanremo, con uno dei miei ragazzi, non mi dispiacerebbe affatto.
Per quanto riguarda me personalmente invece posso dire che entro quest’anno usciranno dei miei brani ma a metà maggio sarò su una rete nazionale, a breve potrò parlarvi meglio di questo progetto.
Abbiamo parlato di te come insegnante, come giudice e come talent scout, ma tu hai anche altre passioni. Ce ne vuoi parlare?
Si certo, adoro fare Radio e mi piacerebbe condurre un programma in una rete FM nazionale, sempre rivolto ai giovani artisti emergenti.
E per finire, la mia ultima passione è fare il presentatore. E‘ una passione, perché, mentre per la radio studio e mi documento, come presentatore mi piace improvvisare, in base al clima dell’evento che mi trovo a condurre. Tutto è nato da una necessità se vogliamo e ci tengo a dirlo. Perché quando nei concorsi avevo dei miei allievi in gara, preferivo non essere in giuria, per correttezza, ma volevo essere comunque vicino a loro, ma come presentatore.
E ringraziamo David Pironaci, che ci ha parlato di sé, che ci ha trasmesso la sua passione per la musica come condivisione di emozioni e sentimenti.
Contro ogni forma di diversità, contro ogni pregiudizio. Per poter dire All Together Now …and forever.
Chiara Consorti – Produzioni Why Not