Nei giorni scorsi, ha tenuto banco la diatriba tra il governo e la regione Calabria in seguito a un’ordinanza emessa dalla governatrice Jole Santelli, con la quale si autorizzava la riapertura di bar, pasticcerie, ristoranti e pizzerie, con servizio ai tavoli purché questi fossero in un’area all’aperto.
Il DPCM del 26 aprile reca disposizioni circa l’inizio della cosiddetta “fase due”, con un allentamento delle misure restrittive e la possibilità, per alcune attività (bar, pizzerie e simili) di poter effettuare, oltre alle consegne a domicilio già precedentemente consentite, anche il servizio d’asporto.
Il 29 aprile, Jole Santelli attraverso una propria ordinanza decide di anticipare i tempi di riapertura delle attività commerciali e di permettere, appunto, il servizio al tavolo, andando in controtendenza rispetto alle decisioni governative. La promulgazione di questo atto ha scatenato l’ira del governo centrale, in maniera particolare del ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, che con una dichiarazione pubblica ha sin da subito esplicitato la volontà dell’esecutivo di impugnare l’ordinanza presso il tribunale amministrativo poiché ritenuta illegittima e in contrasto con le disposizioni nazionali.
La scelta della Presidente Santelli, oltre alle reazioni degli organi governativi, ha innescato la disapprovazioni di diversi sindaci calabresi che hanno deciso di non applicare l’ordinanza regionale perché considerata avventata e prematura. Altri primi cittadini, invece, come quello del comune di Cosenza, hanno accolto con entusiasmo la linea del governo regionale poiché ritenuta funzionale alla rimessa in moto del tessuto economico locale.
Diversi esponenti politici hanno interpretato l’emanazione dell’ordinanza regionale come una sorta di sfida al governo affinché accelerasse la riapertura delle attività commerciali, in forza di un tasso di contagio della regione molto più basso rispetto alla media nazionale, sollecitandolo a riconoscere una differenza tra zone dell’Italia maggiormente colpite e altre, come appunto la Calabria, in cui il contagio del covid-19 è risultato essere meno incisivo.
Il ricorso promosso dal governo presso il TAR ha trovato accoglienza da parte dei giudici che, nella giornata di sabato 9 maggio, hanno dichiarato illegittima l’ordinanza regionale, provocandone l’annullamento.
Al di là della questione giudiziaria che hanno tenuto banco nei giorni scorsi, la giunta regionale ha intrapreso una politica di sostegno al mondo economico, approvando il pacchetto di misure denominato “Riparti Calabria” , finanziato con fondi europei, così articolato:
-€40 milioni, riservati alle microimprese che potranno beneficiare di un trasferimento (una tantum) a fondo perduto pari a €2.000;
-€80 milioni, finalizzati all’erogazione di un contributo di sostegno all’occupazione che permetterà alle imprese di ricevere tra €250 e €350 mensili per ogni dipendente, nei prossimi sei mesi, funzionali a un ritorno del livello occupazionale pre-covid.
Questi interventi, a cui si potrà accedere nei prossimi giorni, si sommano all’aiuto economico destinato agli studenti “fuori sede” che, grazie a un emendamento approvato all’unanimità dal Consiglio Regionale della Calabria, permetterà a una nutrita fascia di universitari, aventi determinati requisiti (ISEE inferiore a €29.000 e residenza in regione da almeno 12 mesi) di poter ottenere un accredito di €700 per chi studia fuori regione o di €500 per quelli che frequentano un’università calabrese distante almeno 50km dal proprio indirizzo di residenza.
Anche in un periodo così emergenziale, la Calabria ha fatto parlare di sé, secondo alcuni in maniera positiva mentre per altri negativamente, riuscendo a ritagliarsi uno spazio mediatico, a livello nazionale, non indifferente. Considerando che si è ancora all’inizio della nuova gestione di centrodestra, se queste dovessero essere premesse nei mesi a seguire ne vedremo delle belle
Salvatore Davide Perfetto