a cura di Luigi Giannelli
Ci si rende conto delle persone solo quando si conosce di loro la parte più difficile, la personalità. Ognuno la mostra come meglio può ma solo quando è certo di trovarsi di fronte a chi sa affrontarla senza filtri. In carcere la personalità viene celata , truccata e messa a nuovo. Un po’ per protezione un po’ per apparire come gli altri ti vogliono vedere.
Qui nasce il “protocollo d’intesa”.
Le qualità sensitive dell’uomo non sono del tutto disperse. Sei milioni di anni fa, i primordiali abitanti della terra riconoscevano il nemico, l’amico, il forte ed il debole, e non sapevano neanche parlare. La natura aveva sopperito alle mancanze espressive dotandoli di un istinto, leggi sensitività, eccezionale. Tutto questo è oggi lontanissimo, ma non troppo se si vanno ad esaminare delle chiare sensazioni che la maggior parte degli individui prova nei confronti del proprio simile. È ovvio che le stesse sono stimolate esclusivamente da impressioni “forti” e quindi non profondamente introspettive. Ma per ciò che riguarda il riconoscimento che avviene spontaneo, esatto la maggior parte delle volte, tra una guardia e un ladro – esempio in senso assai lato – mi è sembrato giusto raggruppare tutte le teorie scientifiche e metafisiche denominandolo “protocollo d’intesa”.
Credo che questo protocollo sia determinato in gran parte da una grossa sensibilità che acquisisce chiunque viva pericolosamente. La paura è la prima chiave di interpretazione di tutto. Guardie e ladri sono in antitesi, dei nemici naturali e quindi è ovvio che, a torto o ragione, ogni essere facente parte delle due tipologie abbia ottimi motivi per temere il suo antagonista. E la paura, si sa bene scarica adrenalina e l’adrenalina non è soltanto una sostanza chimica rilasciata dall’ipofisi ai condotti vascolari e muscolari, ma oltre al fatto di avere un preciso “odore”, percepibile soltanto a livello inconscio, determina nella persona una serie di comportamenti inconsci che si visualizzano in vari modi. L’incedere, ad esempio, diventa più cauto, i passi più affrettati o più lenti, i muscoli si tendono in attesa di un possibile comando di agire in qualche modo. Le spalle si erigono o si incurvano, le braccia si arrestano in fianchi o in altri atteggiamenti. Gli occhi, lo sguardo sono poi determinanti. Da essi arriva il primo messaggio, sono essi ad esprimere per primi la personalità, il timore e spesso anche i pensieri. È difficile da spiegare come sia immediato ed istintivo il protocollo d’intesa, perché tutto ciò che ho detto non si ha mai il tempo di osservarlo se non in brevissimi istanti, ma è un fatto che agisce subito, immediatamente.
E tutto ciò che avviene soltanto in incontri ravvicinati ma anche a distanza, anche da macchina a macchina si può determinare con sicurezza e buona approssimazione che l’equipaggio è composto da guardie o da ladri. Anche se in quest’ultima ipotesi vi sono altri criteri di valutazione che vanno ad influire sul resto.
L’atteggiamento, il numero, le posizioni. È curioso, ma ci sono delle affinità di scelta e di preferenza per queste tre cose. L’atteggiamento, per esempio, in entrambi comune, è quasi sempre identico. Difficile ad esempio vedere un equipaggio di una “speciale” o di una “batteria” di ladri in atteggiamento sorridente e disteso: sarà sempre serio ed attento; l’abbigliamento è un tipo di vestire che tende per prima cosa a mascherare, dunque esiste sempre una dissonanza che determina la distinzione: un bottone in più della camicia slacciato, un paio di occhiali da sole indossati sopra i capelli, l’oggettistica personale caratterizzata da braccialetti, catenine ed orologi di simile fattura. Così come l’ostentata indifferenza verso il circostante, tradita sempre da sguardi penetranti, acuti, indagatori oppure, a seconda delle circostanze, sfuggenti. Un vecchio carcerato, ricercato tante volte, consigliava i più giovani sul comportamento da tenere per passare inosservati ed il suo primo dettame era proprio quello di camminare evitando accuratamente di guardare in faccia chiunque, di non far “sentire” a nessuno il proprio sguardo. Poi il numero. Tre è generalmente quello perfetto, e non solo in maniera letterale ma pratica. Le guardie camminano sempre in tre ed anche i ladri rispettano il famoso “treppio” di accoppiamento. Tre è il numero che ti fa sentire forte ed appoggiato, completo e pronto all’evenienza. Il perché è solo un fatto psicologico, una realtà virtuale. Infatti ci sono circostanze in cui chi deve fuggire è andicappato dal numero e, in caso di un massiccio agguato non sono certamente sufficienti tre guardie per opporre una bilanciata resistenza. Però sta di fatto che già incontrare tre persone, da una parte o dall’altra, dia un’immediata idea di qualche tacito sodalizio.
In conclusione, quello che ho denominato protocollo d’intesa, è in realtà una serie di sensazioni, confortate si da visualizzazioni, ma decisamente e predominantemente sensitive, cui, per uno strano e misterioso gioco dell’essere, ci si avvale quotidianamente , da ambo le parti, per il riconoscimento della persona e del proprio antagonista.