a cura di Priscilla Rucco
Qualsiasi perdita si possa affacciare nelle nostre vite, come un uragano spiazzerà le nostre esistenze inevitabilmente. Siamo andati ad intervistare sette donne e mamme, Gaia, Stefania C., Barbara, Giovanna, Laura, Paola e Stefania F., che hanno dato vita ad un libro “Lettere senza confini”, per raccontarci le proprie sofferenze causate dalla perdita di un figlio, spiegandoci che il “caso”, spesso nasconde qualcosa di più grande che riesce a plasmare il dolore, in forza ed energia propositiva.
Come vi siete conosciute? Gaia: “Sicuramente dovevamo incontrarci. Non ci conoscevamo e siamo di città diverse, ma ci sono dei fili nella trama della vita che, spesso, anche se sembrano deboli, diventano spessi e si intrecciano. Le nostre storie si sono intrecciate. Siamo ripartite dopo un dolore che non potrà mai avere una fine, come la perdita di un figlio, e ci siamo riprese la vita per mano anche quando i piedi, davanti al “precipizio”, sembravano andare in quella direzione. E’ arrivato un passo indietro, quello che si chiama vita. Condividendo il dolore, con tanto coraggio, possiamo condividere la forza. Abbiamo camminato con passi incerti che successivamente sono diventati più spediti”. Com’è nata l’idea del libro?
Stefania L.: “L’idea è nata dalla necessità di confrontarsi per far fronte ad un dolore così immenso come la perdita di un figlio. Gaia ha avuto l’intuizione di raccogliere storie di vita raccontate da mamme accumunate dallo stesso dolore; la perdita di un figlio, anche se in situazioni molto diverse.”
Camilla: “Da quando è mancato mio figlio Niccolò, il primo pensiero è stato quello di parlare con altre mamme che avessero provato un dolore così lancinante. Dal nostro dolore è nata una fortissima amicizia e il nostro incontro è stato così emozionante e carico di sensazioni contrastanti, da farci sentire “sorelle” di penna e di cuore e ciò ci permette di essere sempre connesse; siamo un libro aperto. La mia convinzione è che fare del bene, faccia sempre bene e ciò l’ho sperimentato grazie ad iniziative che hanno aiutato associazioni varie, nel perseguire obiettivi per il bene comune.”
Dal vostro dolore è sorta anche una forte amicizia e sostegno reciproco. Volete parlarne? Gaia: “O ti fai annientare da questa ferita o scavando dentro di te cerchi il coraggio di continuare e di ribellarti al dolore. Ho percorso il secondo cammino mano nella mano con il coraggio soprattutto dopo aver conosciuto Paola ad una cena di giornalisti. Le veniva consegnato un riconoscimento per l’impegno e le attività nelle scuole di sensibilizzazione contro ogni forma di violenza sulle donne. Paola ha perso il suo angelo biondo, Michela, sotto i colpi della violenza. “La devo ricordare ogni giorno. Lo devo a lei e a tutte le donne che subiscono violenza”. Mi disse quel giorno”.
Paola: “Quando mi sono confrontata con le lettere delle altre mamme, le lacrime mi scendevano senza sosta. Ero in ogni frase che leggevo e capivo che il dolore che era dentro di me, si trovava in ogni singola parola di ogni mamma. Ognuna a modo proprio, ma tutte noi eravamo con la medesima ferita profonda nel cuore”.
Stefania: “Dopo la morte di Filippo, ho attraversato il mio dolore descrivendolo e lo sento più dolce, più mio, meno minaccioso e più familiare. Penso che nonostante tutto, io sia stata fortunata ad avere la possibilità di rinascere, anche grazie all’incontro con queste donne meravigliose, mamme per sempre e sorelle, nel dolore. Non c’è separazione per sempre, se si continua a parlare di coloro che abbiamo amato e a farli vivere attraverso il ricordo e la memoria”.
Cosa vi sentite di dire e trasmettere, a tutte le persone che si trovano ad affrontare un dolore così grande? “Il nostro libro di lettere ai nostri figli che non ci sono più e ai quali raccontiamo ciò che abbiamo fatto nel loro ricordo è come una carezza per i nostri angeli. E’ anche un tendere la mano verso altre mamme e altri papà che come noi si trovano davanti a prove della vita troppo dure”. Giovanna: “Il giorno del ventottesimo compleanno di Mauro, alla domanda “ha pensato alla donazione di organi”, sono rimasta pietrificata; non sapevo quale fosse la decisione giusta. Mio figlio è sempre stato, fin da bambino, un puro di cuore ha sempre aiutato tutti, specialmente i più bisognosi. A quel punto, mi sono detta che la sua morte fisica, non doveva essere vana altrimenti, più nulla avrebbe avuto un senso nella vita. Il dono di Mauro ha permesso, grazie al prelievo multiorgano, di salvare 10 vite. Io non so se tutti quei genitori che hanno perso un figlio si sono trovati ad affrontare non solo il dolore ma anche la PAURA. Allora vorrei dire: affrontiamo la vita in loro onore, parlare dei nostri figli ogni volta che ci tornano alla mente degli episodi ogni volta che abbiamo riso insieme a loro. Il dolore non deve distruggere tutto l’amore che proviamo dentro il nostro cuore ed essere grati anche se la loro presenza fisica è durata molto poco, ma quel poco purtroppo ci deve bastare non abbiamo scelta. Ci hanno regalato tanta gioia e tanto amore. Il nostro compito è di custodirlo come il bene più prezioso senza che venga deteriorato dal dolore. E non dobbiamo dimenticare che loro sono nella stanza accanto, cerchiamo di renderli orgogliosi di noi purtroppo non ci sono cure per alleviare il dolore, so soltanto che ci vuole tanto coraggio, questa forza a me la trasmette proprio lui il mio dolce angelo dagli occhi verdi (Mauro). Non smetterò mai di essere la sua mamma, genitori lo saremo per sempre”.
Laura: “Dovremmo cercare di non rinchiuderci nel dolore: i nostri figli non lo vorrebbero e non servirebbe a nessuno, anzi, creeremmo problemi anche a chi ci sta vicino. La condivisione del dolore non è la medicina che guarisce, ma aiuta a riaprire il proprio cuore ed a comunicare con quel mondo che viene spontaneo rifiutare. Con grande sforzo ho ripreso ad andare a scuola ed i miei studenti hanno contribuito a farmi sentire ancora utile così come la gatta di Elena, con i suoi gattini appena partoriti, che avevano bisogno di me. Anche le passeggiate nel verde, in montagna, sul lago di Garda, in campagna; camminavo finché avevo forza poi, ho cominciato ad emozionarmi davanti agli spettacoli naturali che si aprivano davanti a me. Le lacrime di dolore si mescolavano a quelle di emozioni positive che mi facevano sentire vicinissima mia figlia. Ho ricominciato a cogliere il senso della bellezza, a cercarla anche nelle piccole cose. Soprattutto davanti a spettacoli grandiosi come i tramonti o i panorami aperti che ci offrono le nostre montagne mi sento parte del tutto e percepisco l’abbraccio della mia Ela”.
L’amore per i figli volati via troppo presto, che si riversa ora su altri giovani, nei quali queste splendide donne rivedono la voglia di vivere e i sorrisi dei propri ragazzi. Tutte le mamme del libro “lettere senza confini”, affermano senza indugio che: Filippo, Michela, Mauro, Lorenzo, Ela, il bambino mai nato di Gaia diventano figli di tutte noi e noi sorelle per sempre. Sono loro che hanno voluto che si incontrassero. Come spiegare altrimenti l’insieme di coincidenze che le hanno unite? Il dolore colpisce, ma si deve invece, rendere onore alla vita che loro non hanno potuto continuare, apprezzandone ogni momento ed aiutando gli altri a valorizzarla e ad amarla”.
Nella foto: Da sinistra verso destra Stefania Lorenzini, Giovanna Carboni, Gaia Simonetti, Paola Alberti, Laura Cozzi e Stefania Ciriello Le mamme di “Lettere senza confini”