La conoscenza della normativa ed il corretto uso delle potestà concesse alle Guardie Particolari Giurate, non è di certo un pilastro della categoria.Il più delle volte, i circa 40.000 operatori della sicurezza privata non hanno avuto in anni di servizio la necessaria formazione per svolgere un lavoro davvero complesso se si considerano le sue implicazione giuridiche. E’ intervenuto in tempi relativamente recenti anche il Ministero dell’Interno con il decreto ministeriale 269/10, ma lo stesso, è ancora ben lontano da essere compiutamente applicato nella sua interezza, soprattutto nella parte relativa alla formazione.
Le Guardie Particolari Giurate sono destinate secondo gli artt. 133 e 134 del TULPS “alla vigilanza o custodia delle mobiliari od immobiliari”, i DM 85/99 e DM 154/09ne estendono le funzioni a tutte quelle attività di sicurezza in cui non sono richieste “pubbliche potestà”. Per questo tipo di lavoro, che richiede un ruolo giuridico maggiore rispetto all’essere semplicemente un “privato cittadino che tutela i suoi beni”, l’articolo 138 del TULPS (come modificato dalla Legge del 6 giugno 2008, n. 101) rende le G.P.G. “incaricati di pubblico servizio”. La qualifica giuridica loro assegnata però rimane lettera morta, in quanto, la stragrande maggioranza, non ha la minima idea di cosa voglia dire e di quali siano i poteri, i doveri e le limitazioni di questa figura, più che sufficiente per il lavoro da svolgere.
Le Guardie Giurate e i loro poteri
Le Guardie Particolari Giurate non hanno poteri di polizia giudiziaria ma al tempo stesso si ritrovano nel “settore della prevenzione (e qualche volta repressione) dei reati”. Il loro modus operandi quotidiano è sostanzialmente basato sulle cause di giustificazione del reato. E’ grazie al “consenso dell’avente diritto”, ad esempio, che possono permettersi di fare il “controllo di sicurezza” ai passeggeri nei porti e negli aeroporti, senza che quella ricerca di “articoli proibiti” rientri nella fattispecie delle perquisizioni.
L’unica occasione per le GPG di arrestare dei malviventi è prevista dall’art. 383 c.p.p. (arresto da parte del privato) ed in questo caso si pone un problema: se sia per loro possibile usare i mezzi di contenzione fisica, più banalmente le manette, soprattutto se l’arrestato non avesse alcuna voglia di attendere (docilmente) l’arrivo delle Forze dell’Ordine cosi come prevede la norma.
Ad una domanda sul sito istituzionale della Polizia di Stato, la P.A. risponde:
Volevo chiedere se le guardie giurate sono autorizzate all’uso delle manette nel caso di porre in stato di fermo una persona o cosa si può utilizzare in sostituzione.
Preliminarmente la informiamo che il servizio delle guardie particolari e le sue modalità di esecuzione sono posti sotto la diretta vigilanza del Questore. Ciò posto, si rappresenta che la qualifica di guardia giurata non comporta lo svolgimento di funzioni di agente di polizia giudiziaria e pertanto tali operatori non dispongono di poteri di intervento e di coercizione fisica diversi da quelli accordati a tutti i consociati dall’art. 383 del codice di procedura penale. Si ritiene quindi che pur non essendovi un espresso divieto normativo sia comunque inopportuno che le guardie giurate vengano dotate ed utilizzino le manette. Ciò detto è di tutta evidenza che niente altro può essere utilizzato in sostituzione
Ed ancora ad una domanda simile sullo stesso sito: In un’associazione di vigilanza non armata si possono portare le manette e i lampeggianti di colore blu e segnale acustico sulle autovetture?
…per quanto riguarda poi l’uso della manette si osserva che questo è consentito solo a quei soggetti (ufficiali e agenti di P.G. e P.S.) che dispongono di poteri di intervento e di coercizione fisica
La volontà dell’Autorità di Pubblica sicurezza che sovraintende la vigilanza privata è chiara, per le G.P.G. l’uso delle manette è vietato.
Tuttavia rimane il problema già descritto.
Nel caso di arresto del privato in cui secondo Giurisprudenza consolidata, chi lo compie, nel breve lasso di tempo in cui consegna l’arrestato, assume la funzione di pubblico ufficiale (Sentenza della Corte Costituzionale n. 89 del 22.4. 1970). Per cui in caso di arresto ai sensi dell’art.383 del c.p.p. la Guardia Particolare Giurata (divenuta “pubblico ufficiale” per il tempo strettamente necessario della consegna alle Forze dell’Ordine) potrebbe cosi come previsto dall’art 53, in caso di violenza nei suoi confronti, fare uso di “mezzi di coazione fisica”, appunto le manette.
Una vera e propria aporia
La cronaca giudiziaria ci riporta che le violenze contro le Guardie Particolari Giurate sono all’ordine del giorno e seppur ricadono nei dispositivi di cui agli artt. 336 c.p.(violenza a pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) e 337 c.p. (resistenza a pubblico
ufficiale o incaricato di pubblico servizio), l’unico modo per fermare un aggressore indomito sembra essere uno scontro fisico con l’applicazione di non piacevoli (per chi le subisce) leve articolari, al fine di tenerlo fermo fino all’arrivo delle forze di polizia. E’ possibile affermare, con ragionevole certezza, che bloccare un violento che ci sta picchiando, anche con le manette, potrebbe rientrare nella previsione dell’art 54 CP(). Occorre ricordare che le manette (definite “di sicurezza) sono mezzi di contenzione fisica e non armi o strumenti atti ad offendere e sono di libera vendita, detenzione, trasporto ed addirittura porto.
Dal punto di vista penale allora potrebbe essere possibile per una Guardia Particolare Giurata utilizzare le manette di sicurezza per fermare un’aggressione contro la sua persona da parte di un arrestato o da parte di un violento non in stato di arresto (che dovrà poi essere denunciato per i reati ex artt 336 e 337 c.p). In linea di massima nessun rilievo penale dovrebbe essere mosso alla G.P.G. che adottasse siffatto comportamento, tuttavia, le G.P.G., come ricordava anche la risposta F.A.Q. della Polizia di Stato, sono sottoposte al regolamento di servizio del Questore della provincia dove svolge il servizio la Guardia Particolare Giurata.
L’orientamento dei Questori, rispetto al passato che concedeva il porto delle manette purché “in maniera occultata”, è attualmente per il divieto dell’uso (ma considerando che il divieto è inserito nell’articolo relativo all’uniforme, si dovrebbe intendere anche nel divieto della semplice dotazione). Di conseguenza se una G.P.G., che anche nei casi giustificabili penalmente, dovesse far uso di manette, sarebbe comunque sanzionato disciplinarmente dal Questore della sua provincia,ove il divieto è inserito nel regolamento con evidente pericolo di sanzione, sospensione, revoca dei suoi “titoli di polizia” e di conseguenza per la sussistenza del suo lavoro.
Esiste perciò una disparita di possibilità nel modus operandi delle G.P.G. tra le province (la quasi totalità) in cui sussiste il divieto di uso delle manette e quelle in cui lo stesso divieto non esiste.
In ultima analisi
In caso di necessità, come si ferma un aggressore fino all’arrivo delle forze dell’ordine a cui consegnarlo perché in stato di arresto o da denunciare per i reati violenti contro un incaricato di pubblico servizio? La risposta sembra scontata: utilizzando le manette ove non ci sia un divieto nel regolamento del Questore ed invece, dove il divieto fosse inserito, sarebbe possibile per una G.P.G., utilizzare altro strumento di contenzione fisica di sicurezza che non rientri nella definizione di “manette”.
Una complessità cosi evidente nel modo corretto di operare per una Guardia Particolare Giurata, ci riporta ad una necessaria attività di buona formazione che, con tutta evidenza, è attualmente poco considerata da molti Istituti di Vigilanza che, a torto, la considerano semplicemente un costo e non una risorsa professionalizzante.