I problemi comportamentali infantili rappresentano la maggiore preoccupazione di ogni genitore a causa del loro carattere destabilizzante, sia per ciò che riguarda le dinamiche familiari (disobbedienza, insulti, bugie, aggressività e violenza nei confronti di cose o persone, ecc.), sia per il rischio che questi possano, con gli anni, sfociare in problemi più gravi.
I problemi di comportamento infantile nel contesto familiare possono essere associati a problemi derivanti da altri contesti sociali, soprattutto quello scolastico: mancanza di applicazione ed impegno nei compiti scolastici, basso rendimento scolastico, aggressività e violenza in classe, bullismo e abusi tra i compagni, ecc. In genere, quando si parla di problemi di comportamento o comportamenti perturbanti, si pensa a disturbi lievi, circostanziali, che comprendono numerosi aspetti della vita infantile ma che non arrivano a influenzare la convivenza familiare, scolastica e sociale. Di solito compaiono quando i bambini, o adolescenti, sono obbligati a rispettare determinate norme o a sottomettersi a un certo grado di disciplina. In determinati momenti, alcuni dei problemi di comportamento, come per esempio comportamenti oppositivi, possono risultare importanti per lo sviluppo e per l’affermazione della propria identità e per l’acquisizione di abilità di autocontrollo. Tuttavia, spesso, la frequenza e l’intensità di tali comportamenti sono chiaramente al di sopra di ciò che si potrebbe considerare normale per l’età o per il gruppo di appartenenza del soggetto. Quando si parla di disturbi del comportamento si fa riferimento a problemi comportamentali che interferiscono nello sviluppo familiare, scolastico o sociale. Ad ogni modo, definire concettualmente i problemi e i disturbi di comportamento risulta molto complesso, sia per ciò che riguarda la definizione dei criteri di normalità/anormalità dei modelli di comportamento, sia per la molteplicità di fattori che potrebbero risiedere all’origine del comportamento. Nella concettualizzazione dei disturbi e dei problemi di comportamento infantile si includono fattori come l’età del bambino, il suo sviluppo cognitivo, il suo ambiente familiare, i fattori ereditari, fattori socioculturali, ecc. una serie di fattori che si relazionano, si influenzano e interagiscono tra loro. Per esempio, è molto difficile che i capricci o i comportamenti violenti dei bambini di 2-3 anni possano definirsi disturbi del comportamento infantile, contrariamente a quanto accade per quei soggetti più grandi che presentano questo tipo di comportamenti. Alterazioni comportamentali che possono inizialmente rispondere a caratteristiche evolutive o caratteristiche personali ereditarie (per esempio impulsività o deficit di attenzione), spesso entrano in contatto con fattori di socializzazione familiare o scolastica, come per esempio le pratiche educative coscienti o incoscienti, i differenti modelli di controllo familiare, momenti concreti di stress familiare, la differenza tra le norme scolastiche e familiari, ecc. A loro volta, questi problemi di comportamento, influiscono sullo sviluppo di schemi cognitivi ed emotivi, come per esempio la risoluzione impulsiva dei problemi, difficoltà di autoregolazione e autocontrollo, incapacità di identificare emozioni proprie e altrui, ecc. tutti fattori che ostacolano la nascita di relazioni interpersonali adeguate. Un’ulteriore difficoltà nel concettualizzare questo tema risiede nella disparità dei comportamenti che rientrano in queste categorie: aggressione fisica o verbale, disobbedienza, opposizione persistente alle norme sociali, ecc. comportamenti che possono essere inclusi all’interno di un continuum: da problemi di comportamento a disturbi della condotta. L’intensità (normalmente suddivisa in lieve, moderata e severa), la criticità e la persistenza di questi comportamenti negli anni sono in grado di definire i disturbi della condotta, con conseguenze negative per la dinamica sociale e familiare e per lo sviluppo del minore. Anche il fattore soggettività risulta determinante, dal momento che saranno la famiglia o gli educatori a valutare l’esistenza, o meno, dei disturbi comportamentali. Il grado di tolleranza degli adulti verso questo tipo di comportamenti infantili e le abilità di genitori/ educatori per far fronte a tali comportamenti sono elementi essenziali per l’identificazione dei disturbi di comportamento infantile. Il continuum che caratterizza l’intensità, o la ripetitività dei comportamenti nel tempo, lo sviluppo evolutivo infantile e le innumerevoli conseguenze dei comportamenti problematici (ostilità, aggressività, disobbedienza ecc) fanno sì che sia impossibile una classificazione dei disturbi comportamentali. Tuttavia, con l’obiettivo di dare informazioni descrittive, ci basiamo su una prima classificazione in cui differenziamo da una parte i disturbi del comportamento secondo il sistema di classificazione clinica internazionale (DSM e ICF),denominati Disturbi Gravi di Comportamento,e dall’altra, quei problemi comportamentali che, inizialmente, non sono associati a disturbi clinici ma che, per la loro assiduità e intensità si ripercuotono negativamente sia sul soggetto implicato, sia sul contesto in cui vive e che chiamiamo Modelli di Comportamento. MILANO MICHELE