La moda, una volta era sinonimo di eleganza e di lusso. Con il passare degli anni, abbiamo assistito ad un cambiamento radicale delle presentazioni delle sfilate e dell’abbigliamento proposto, troppo lontano dalle necessità che la quotidianità ci impone. Anche dal punto di vista della bellezza, si è cercato di andare ad incontro a canoni ben diversi e spesso “preoccupanti”. Modelli con magrezza eccessiva, talvolta, sono stati (giustamente) criticati e meno idealizzati. Abbiamo intervistato il modello John D’Ambrosio, per curiosare nell’ambito della moda e sfatare qualche mito sul mondo dorato che circonda questa professione.
John, com’è nata la passione per la moda?
“La mia passione è nata quando ero ancora bambino. Vivevo in un paesino sulla costa laziale, Sperlonga e si sa, la mentalità dei paesi è molto chiusa, ristretta, ma io ho sempre cercato di distinguermi dalla “massa”, dai miei coetanei, dai compagni di classe. Terminate le medie, i miei genitori mi iscrissero al Centro Tecnico Nautico, ma non era la mia strada e venni bocciato. Non pensai che quello fosse stato un fallimento, bensì un’opportunità per prendere in mano la mia vita e plasmarla in base alla mia indole così, iniziai finalmente ad inseguire le mie passioni e attitudini, iscrivendomi all’Accademia Cinematografica di Roma. Nel secondo anno, uno stilista ed agente di moda molto famoso, mi notò ed iniziai così, il mio lavoro come modello.
Non mi sono mai accontentato degli obiettivi che raggiungevo a scuola, i limiti che la società imponeva, erano degli ostacoli da abbattere; dovevo improntare la mia vita attorno alle mie scelte e non permettere alle decisioni di altri, di cancellare i miei sogni. Questo non significa che avessi un carattere forte, ma che non volessi nella mia esistenza la mediocrità. Per cui, con tutte le paure e le insicurezze di un ragazzo, ho tentato di avvicinarmi al mondo della moda. Quando sfilavo, la mia sicurezza e determinazione crescevano di pari passo e i primi timori hanno lasciato spazio al dominio della passerella. Per me è sempre stato fondamentale trasmettere emozioni nel posare, come un riversare i miei stati d’animo e trasmetterli anche in un servizio fotografico”.
Non è tutto oro quel che brilla, però. Ci sono sacrifici e rinunce per questo lavoro?
“Sì, la mia professione non è come lavori che si fanno nel quotidiano. Dal punto di vista estetico, bisogna rispettare determinati standard come la taglia, ne conseguono le regole rigide da seguire e le ristrettezze alimentari, essere pronti a cambiare continuamente il proprio look; dai capelli all’aspetto fisico, da ciò che viene richiesto in un determinato periodo. Ovviamente, il lavoro di modello si basa sull’aspetto fisico per cui, condurre uno stile di vita salutare con tanto allenamento cardio e cibo salutare, sono le basi di tutto. Sicuramente, per raggiungere dei buoni livelli, non si possono seguire persone improvvisate, ma affidarsi a dei professionisti che possano fornire dei risultati senza incorrere in disturbi alimentari, ad esempio. Io, devo molto a tre persone; Daniela De Carmine (la mia consulente e manager), Silvio Palazzo, Francesco Pannone e Renzo Sotis che grazie alla propria esperienza, serietà e bravura, mi hanno aiutato ad ottenere dei grandi risultati a livello fisico, senza ricorrere all’uso di sostanze non opportune. In sintesi, devo prendermi costantemente cura del mio aspetto perché è il mio pass per l’ambito professionale che ho deciso di intraprendere”.
John, quali sono i tuoi sogni e i prossimi progetti lavorativi?
“Se dobbiamo sognare, facciamolo in grande per cui, mi piacerebbe intraprendere la carriera cinematografica, mentre i miei prossimi impegni lavorativi mi vedranno impegnato in una tournée d’alta moda; un evento che coinvolgerà molti marchi importanti e partirà per fine settembre, ma non posso anticipare molto di più. Sapete, il mondo della moda mi ha insegnato ad essere ciò che sono oggi, salire su una passerella o posare davanti un obiettivo fotografico non è da tutti e ti fa sentire onnipotente verso ogni cosa, talvolta si perde anche il senso della genuinità. La moda è stata la mia rivincita contro tutti coloro che non hanno mai creduto in me; oggi posso dire che le situazioni e le persone negative, mi hanno cambiato in meglio. Diventare e continuare ad essere un modello, in un ambiente di lavoro spesso denigrato non è così semplice come qualcuno possa pensare. Noi modelli siamo spesso considerati “bellezze senza altro da mostrare, contenitori vuoti”, senza soffermarsi a pensare alle fragilità, alle incertezze e ai timori che ognuno di noi ha, nonostante l’aspetto esteriore”.
Giu 23