Nella giornata di oggi, Con il coordinamento della Procura della Repubblica di Bologna, Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, l’articolazione regionale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria, in collaborazione con la Squadra Mobile di Bologna e con il supporto del Comando del Reparto di Polizia Penitenziaria di Ferrara, ha rivenuto un apparecchio telefonico, L8STAR, di ridotte dimensioni (soli 6 centimetri).
L’attività di indagine, diretta dal Procuratore Dr. Giuseppe Amato e dal Sostituto Procuratore della Repubblica distrettuale Dr. Roberto Ceroni, è stata condotta nelle sezioni della Reclusione del Carcere di Ferrara, riservate ai condannati con ergastolo o elevato fine pena, si inserisce nell’alveo di attività investigative di più ampio respiro, in particolare volte al contrasto dell’introduzione illecita negli istituti penitenziari di apparecchi per la comunicazione telefonica e telematica, in quanto strumenti atti a reiterare e favorire la consumazione di ulteriori reati.
Il possessore, detenuto di nazionalità albanese, con un rilevante spessore criminale che opera principalmente nel traffico di stupefacenti, è stato colto durante l’utilizzo e per questo tratto in arresto in flagranza dagli uomini della Polizia Penitenziaria e posto a disposizione del P.M. di turno della Procura di Ferrara.
Appare di rilievo il successo dell’attività in particolare perché viene tratto in arresto il possessore del telefono, risulterebbe essere il primo caso dopo la recente l’introduzione dell’articolo 391 ter c.p. che punisce l’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.
Tale condotta, che diventa penalmente rilevante è quello di chi, in maniera indebita, procura a un detenuto un telefonino o un altro dispositivo che gli consente di effettuare comunicazioni con l’esterno. È reato, in forza della medesima disposizione, anche il comportamento di chi consente a un detenuto di utilizzare indebitamente uno strumento telefonico e quello di chi lo introduce nell’istituto penitenziario al fine di renderglielo disponibile e integra l’ipotesi delittuosa anche il detenuto che riceve o utilizza indebitamente il telefonino. La pena prevista per il reato di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti è quella della reclusione da uno a quattro anni.
Quello dei “telefonini” si connota sempre più come un fiorente mercato illecito in carcere, in quanto, la disponibilità di un telefono cellulare durante il periodo di detenzione oltre a consentire il prosieguo di intenti ed obiettivi criminali permette al possessore di esercitare la supremazia nell’ambito dei rapporti carcerari e mantenere continui contatti con l’ambiente criminale esterno ed impartire disposizioni criminose da eseguire al di fuori della struttura penitenziaria.
E’ evidente la ricaduta negativa sul percorso trattamentale e rieducativo prefissato dalla legge (soprattutto dei condannati definitivi), e in generale il pregiudizio per la sicurezza e l’ordine pubblico.