L’omicidio di Karol Maltesi, la giovane donna di 26 anni, mamma di un bambino di 6, viene uccisa e fatta a pezzi a Milano, nella notte tra il 10 e l’11 gennaio 2022.
Questo omicidio, scuote l’Italia per la sua efferatezza e per le modalità in cui avviene. L’assassino Davide Fontana, riconosciuto in grado di intendere e di volere, uccide (questo secondo le motivazioni della sentenza) “l’idea di perdere i contatti stabili con lei che egli, per la sua stessa ammissione e secondo l’amica testimone, amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva, perché gli aveva promesso di vincere la solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile”, riconoscendo all’assassino la premeditazione, la crudeltà e i motivi abietti e futili. lo scorso 12 luglio, viene condannato in primo grado, a scontare una pena di 30 anni (era stato richiesto l’ergastolo), ma “grazie” all’Istituto introdotto nell’ordinamento penale, dalla riforma Cartabia, potrà ricorrere alla cosiddetta “giustizia riparativa”. A tale richiesta, Carlo Alberto Lafiandra (pubblico ministero), e la parte civile, l’avvocato Manuela Scalia, si sono opposti con fermezza a tale richiesta, giunta dall’avvocato di Fontana, Stefano Paloschi. Il legale, infatti, con una richiesta alla corte d’assise di Busto Arsizio, ha richiesto proprio, tramite l’articolo 56 della legge Cartabia, di far parte di un programma che avrebbe consentito, al proprio assistito, di far parte -in maniera del tutto volontaria-, ad una comunità per conseguire l’obiettivo di una presa di coscienza del delitto commesso, seguito da un mediatore penale, ovvero una figura imparziale alla vicenda. Dopo la sentenza di luglio, la zia della vittima dichiarò: “è una vergogna, mia nipote l’ergastolo lo ha avuto a vita, così come sua madre e il mio nipotino” “Fontana, tra dieci anni sarà fuori e potrà rifarsi una vita, mia nipote di 26 anni non torna più”.