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La giovane atleta Olga Rachele Calissi, da sempre legata alla scherma, ha raggiunto alti livelli nel suo percorso fatto di passioni, amore e determinazione. Un amore nato sin da piccola, per pura casualità, e tramutato in una vera e propria professione.
Buongiorno, Olga. Lo scorso febbraio a Gudalajara ha conquistato il suo primo podio in Coppa del Mondo. Come ci si sente a essere campionessa mondiale di scherma? “Buongiorno. Esiste innanzitutto un circuito di coppe del mondo e, in base alle vittorie, si raggiunge la conquista della coppa del mondo. Io ho conquistato un podio in una coppa del mondo del circuito che facciamo ogni anno di coppe del mondo. Ci si sente estremamente competitivi e in grado di conquistare medaglie importanti, quindi sicuri del proprio valore e di tutto il lavoro che è stato fatto per giungere a conquistare podi così importanti.”
Cosa rappresenta per lei la scherma? Quali emozioni le suscita? “Io ho iniziato a praticare scherma quando avevo cinque anni e mezzo, cioè l’età minima alla quale si può iniziare. Mi ci sono avvicinata perché mi ero rotta il braccio destro e mia madre ha voluto avuto l’idea di portarmi in una palestra di scherma così che potessi riacquistare la mobilità attraverso i movimenti del braccio. All’inizio, dunque, la scherma era un gioco e una necessità medica; con gli anni è diventata un lavoro vero e proprio e soprattutto un recipiente di obiettivi, di aspirazioni e di sogni da realizzre. Mi diverto a realizzare i miei sogni e tanti di questi appartengono proprio al mondo della scherma.”
Qual è la gara che non potrà mai dimenticare? “Una gara che ha un significato particolare per me riguarda la vittoria al mio primo Campionato europeo cadetti under 17. Nonostante non sia una gara così prestigiosa – se vista in relazione al mio livello attuale – ha una valenza fondamentale: all’epoca era morto mio padre da due settimane quindi gli ho voluto dedicare quella gara e quella vittoria. Gli evevo promesso che avrei fatto di tutto per vincere.”
Ha avuto ripensamenti nel corso della sua carriera? “Sì ne ho avuti tanti e penso che sia normale per tutti. Ho ripensato alla possibilità di scegliere altri sport perché ne ho sempre praticati molti sin da piccola, però alla fine ho sempre avuto la tenacia di portare avanti questa mia scelta e decisione. Ora come ora non farei scelta diversa.”
Un consiglio a chi vorrebbe iniziare a praticare questa disciplina. “Io sento di dire che è importante iniziare a fare scherma sin da piccoli in moda da percepire più naturalmente alcuni movimenti o coordinazioni che poi, crescendo, diventano più difficili da acquisire. È uno sport che si predilige farlo sin da piccoli anche se comunque ci sono eccezioni di atleti che, pur avendo iniziato in tarda età, hanno recuperato col tempo e hanno comunque raggiunto traguardi importanti. Nel caso in cui, invece, si voglia solo divertirsi allora non c’è età, si può imparare sempre, attraverso gare master di scherma. Ovviamente se si aspira a vincere medaglie importanti è bene iniziare il prima possibile.”
La redazione di RadioSanremoWeb è lieta di intervistare la scrittrice Federica Nobile.
Diplomata al Liceo Classico e laureata in Comunicazione Interculturale, ha sempre amato scrivere. Da adolescente trascorreva tutto il tempo a disegnare personaggi di storie fantastiche sui libri di testo; da giovane adulta quelle storie ha cominciato a scriverle. Le piacerebbe fare un viaggio nel tempo per rivivere gli anni ’70-‘80, ama la musica rock, il nuoto, lo snorkeling, leggere e recensire (tanti) libri.
Buongiorno Federica, ci parli della sua storia. Quando ha iniziato a scrivere? “Ho iniziato a cinque anni. Mia nonna, con pazienza, mi ha insegnato a scrivere prima ancora che cominciassi le elementari. A mano scrivo ancora in illeggibile geroglifico, sia chiaro, ma di sicuro scrivo tanto e con ispirazione da allora. Tra i sei e i sette anni ho scritto la prima saga, intitolata “I ribelli d’Irlanda”, su dei foglietti ripiegati per farne dei libricini. A dieci anni arriva “Il paese delle aquile”, il primo fantasy. A undici mi do alla prima sceneggiatura teatrale, “Alla corte dell’imperatore”. Mia mamma conserva ancora tutti questi primi sforzi nel cassetto del comodino.”
Cosa rappresenta per lei la scrittura? “Per me la scrittura rappresenta tante cose: il lavoro – il mio lavoro concerne al 90% la scrittura, o come si dice in agenzia pubblicitaria, “copywriting”; una passione, la più grande – trascorro anche ogni momento libero a scrivere o a progettare storie; una valvola di sfogo – funziona meglio della palestra per me. Mi rilasso, mi isolo da tutto, lascio che la fantasia fluisca e che le mani percorrano frenetiche la tastiera.”
Com’è nata l’idea di questo libro? “Questo libro nasce come sceneggiatura cinematografica. Avevo carta bianca, era per un progetto molto personale, condiviso con una produzione di amici. Volevamo girare un film che fosse di genere horror, e ho trovato il mio mostro leggendo un articolo sulla sparizione dei bambini ad Hamelin, in Germania, nel 1284. Proprio quelli della fiaba dei Grimm, “Il Pifferaio Magico”. Solo che a quanto pare non si tratta solo di folklore, c’è del vero, la città se lo ricorda. Fu un trauma apprendere una notizia del genere. Dovevo esorcizzarla, insieme al Covid, alla Guerra in Ucraina, alle tante cose inaccettabili del contemporaneo e l’ho fatto scrivendo. L’ho fatto inventando Kilian, il protagonista maschile della storia, un Evocatore discendente da un mitico eroe germanico e protettore del suo popolo, Frehild.
Qual è la trama? “Siamo nel 1978, e chi di voi l’ha vissuto e se lo ricorda saprà che non fu solo l’anno dei punk, ma ci furono molti stravolgimenti. In Germania ci fu la Schneekatastrophe, anche detta “Caos Bianco”: nevicò per giorni e giorni a partire dalla fine del ‘78 e nel maggio del ’79 c’erano ancora cittadine e paesaggi innevati. Non fu una cartolina: fu una tragedia, bloccò tutto il paese. Il romanzo, dunque, cerca di spiegare la connessione tra fatti inspiegabili, straordinari come questo. E li ricondurrebbe a una società millenaria parallela alla nostra, che ho chiamato semplicemente Mágoi, termine greco che indica persone portentose dotate del cosiddetto “Potenziale”, che dall’alba dei loro tempi tentano di proteggere l’umanità e di salvarla. Perché l’uomo è il peggior nemico di se stesso, anche quando ci si mettono i cataclismi naturali.”
Cosa vuole trasmettere al lettore? “Un messaggio universale, lo stesso che si ritrova in ogni popolo – prendo a esempio quello Giapponese che ha costellato la città di Hiroshima di statue in onore di Sadako, piccola vittima delle radiazioni della bomba che ha distrutto la città, e che incorporano il messaggio “basta guerre”. Vediamo che anche un popolo geograficamente e percettivamente lontano prova un desiderio di pace immenso, dimostrando che la fine dei conflitti è un (bi)sogno di tutti. Nel romanzo ho creato una struttura a scacchiera a tre fazioni, sono tutti nemici di tutti, ma il disagio è vissuto da dentro. Se non scendiamo a patto con i nostri demoni interiori e portiamo la pace in noi stessi, vivremo altre situazioni di guerra. La pace nel mondo dev’essere l’obiettivo a cui puntare collettivamente, umanitariamente.”
Perché questo titolo “Evocazione”? “Evocazione vuole essere – sembra un gioco di parole – evocativo e provocatorio. Il romanzo ha due protagonisti, e solo uno dei due è nominalmente un Evocatore, uno sciamano in grado di evocare un’effigie di protezione. Ammicca al fatto che ciò che siamo in grado di generare noi uomini – che non siamo divini ed è bene ricordarlo – proviene da noi. Siamo noi stessi a dare vita ai nostri mostri, quello che facciamo fuoriuscire ci appartiene, e se non impariamo a convivere con questi antichi incubi, ci sfuggiranno, detoneranno.”
Si riconosce in quale personaggio del libro? “In nessuno, a dire il vero. Il romanzo è volutamente allegorico, ambientato nel passato ma su questa Terra e, per renderlo inclusivo, ho affibbiato nazionalità tutte diverse tra loro a tutti i protagonisti. Volevo sondare dentro l’animo di tutti per capire qualcosa dell’umanità in generale. Di sicuro ho una simpatia spasmodica per alcuni, come Silibrand e Stefan, che sono degli outsider pieni di talento. Brilleranno, lo prometto.”
Ci sono riferimenti al dark fantasy. Da dove nascono queste suggestioni? “Il dark fantasy è spesso associato ai vampiri o ai demoni. Io non ho nella storia né vampiri né demoni, ho gli esseri umani che fanno già abbastanza paura di per sé, e i Coboldi. Kobalt o Kobold è un termine tedesco per indicare un tipo folletto… e non uno di quelli buoni! Lo sa bene Neil Gaiman che ne ha inserito uno davvero tremendo nel suo bestseller American Gods: a distanza di dieci anni dalla lettura di questo splendido romanzo tale personaggio mi dà ancora i brividi! I Mágoi chiamano così i “demoni da paralisi nel sonno” (Sleep Paralysis Demons) che sono delle allucinazioni che possono insorgere nel sonno soprattutto in periodi di forte stress. Alcune persone che le sperimentano hanno la sensazione di soffocare, altre hanno l’impressione che qualcosa le stia osservando, toccando o minacciando. Ecco, i Mágoi convivono con questi incubi dall’alba dei tempi. E non sono neanche troppo bravi a gestirli, ma dopotutto non sono dei “Fido” o dei “Fuffi”.
A chi dedica questo libro? “Lo dedico ai miei compagni di università, compagni di viaggio, allora come oggi, in questo percorso. Mi hanno aiutata a diventare chi ho sempre voluto e, forse, chi sono da sempre: una creativa, una scrittrice del fantastico. Ma lo dedico anche a tutti i lettori che credono o crederanno in questo progetto. Il romanzo è disponibile presso il sito della casa editrice portoseguroeditore.com, e si possono ottenere le ultime copie con dedica personalizzata cercandomi su Instagram, sono @federicanobile. C’è anche la playlist a tutto rock su Spotify: cercando “Evocazione, il romanzo” si accede a ore di musica epica ed energica che spero possa ispirare altri scrittori.”
La redazione di VentoNuovo è lieta di intervista la scrittrice, giornalista, psicoterapeuta Barbara Fabbroni, in occasione del suo ultimo Premio Speciale Italy Ambassador Awards.
Buongiorno Barbara, ha vinto il “Premio speciale Italy Ambassador Awards Beauty e Spa 2022”. Di cosa si tratta? “Buongiorno, ho ricevuto questo premio alla Stazione Leopolda da Italia Ambassador Awards che è un’organizzazione che premia più categorie. Gli influencer stati individuati, ad esempio, per vari target di follower; inoltre, c’erano categorie rispetto all’interesse per il travel, per il food o per il fashion. Io appartengo alla categoria Gold perché ho un bacino di utenza di quasi 500 mila follower. Oltre a questo premio ne ho ricevuto uno per il contest che ho fatto per la Toscana. L’evento, dunque, è stato fatto alla Leopolda a Firenze e la cena di gala è stata fatta al teatro del Maggio Fiorentino dove ho ricevuto proprio questo premio per il contest per la Toscana. È stata bellissima la presenza di tanti partner, per esempio oltre alla regione Toscana c’era anche il Veneto, tutti gli hotel luxury e spa assieme a dei premi molto belli. È stato un evento importante sia a livello nazionale che internazionale e si svolgerà anche il prossimo anno.” Quali erano le categorie, in particolare? “Food, travel, sostenibilità, beauty, fashion e benessere.” Da chi era costituita la giuria? “Il presidente era Maria Grazia Cucinotta. I giurati erano tanti e di grande livello, a seconda delle categorie. C’erano, ad esempio, giornalisti del settore del food o del luxury; per la categoria fashion era presente una stilista e in più stava una D di Max Mara; per il food c’era anche il presidente di Ferrari.” In base a quali criteri sono stati scelti i vincitori? “C’era una lista incredibile di criteri. Io personalmente ho fatto tre contest per tre specialità diverse e poi la giuria ha voluto assegnarmi un premio globale. Io ho partecipato solo per Instagram e posso dire che la giuria ha premiato non solo la modalità di comunicare ma anche la capture, cioè l’insieme di come viene comunicato un evento e come viene raccontato un luogo, un hotel piuttosto che un’altra situazione del luxury.” Quali gli obiettivi del concorso? “Credo che uno degli obiettivi principali sia stato quello di mettere in evidenza chi sono gli influencer che hanno una modalità comunicativa capace di creare un engagement con il proprio pubblico. Secondo me l’organizzazione ha voluto sottolineare proprio le caratteristiche di alcuni influencer che non si limitano solo a catturare un momento ma lo esprimono e lo comunicano attraverso la capture, la parola e anche con i messaggi.” Progetti futuri? “Di progetti ne ho tanti. Fino al 2024 sono sufficientemente impegnata in vari settori, dai social alla scrittura, all’ambito televisivo, giornalistico e della mia libera professione come psicoterapeuta. Una settimana fa ho firmato un progetto molto bello con la mia casa editrice. Insomma, ne ho tanti in porto e non vedo l’ora.”
Ci ha lasciato Domenico Alessio ma noi, come tutti gli amici, lo chiamiamo Mimmo e ricordiamo le sue doti non comuni di manager ma soprattutto di uomo.
Si è spento il pomeriggio del 2 dicembre a 83 anni, circondato dall’affetto dei suoi cari e lascia un grande vuoto per chi, come noi, ha promosso tante iniziative che grazie alla sua preziosa collaborazione hanno regalato momenti di sollievo ai più fragili. Arrivato a Roma in giovane età da Terravecchia, piccolo comune in provincia di Cosenza ha ricoperto, in seguito, ruoli di prestigio in imprese come Iritecna, Italstat, Inps. Nel 2003 è stato nominato commissario alla Asl Roma D oggi Roma 3, per poi intraprendere una brillante carriera nella sanità, con la nomina alla direzione di aziende prestigiose come San Camillo Forlanini, del servizio di emergenza 118, per arrivare poi al San Filippo Neri e al Policlinico Umberto I. Nominato in seguito ai vertici dell’Istituto ematologico mediterraneo e dell’Istituto San Michele, ha dedicato all’impegno professionale una larga parte della sua vita. Per chi, come noi, lo ha avuto vicino in momenti importanti, è una grave perdita difficile da colmare. Assotutela e la famiglia Maritato si stringono con affetto ai familiari di Mimmo Alessio, in questo momento di grande dolore.
A poche ore dall’inizio degli ottavi di finale del campionato del mondo il noto imprenditore Andrea Rombolà si è sbilanciato sostenendo la nazionale di Scaloni con tutto il suo tifo. Tour manager molto seguito sui social e grande appassionato di Padel e Calcio, Andrea Rombolà si è fatto conoscere per la sua simpatia e per le divertenti stories sui social con gli amici Matri e Adani con i quali condivide passioni e tempo libero.
Dopo aver trascorso l’estate in giro per l’Italia con il Tour di Irama il giovane imprenditore lombardo sta seguendo con grande trasporto i mondiali in Qatar, il suo tifo è tutto per Messi e Lautaro Martinez che questa sera scenderanno in campo nell’ottavo di finale contro l’Australia.
Andrea Rombolà
In questa piccola intervista Andrea ha commentato questa prima parte di Serie A concentrandosi in particolar modo sul Monza, squadra che da sempre simpatizza.
Quale squadra ti ha sorpreso di più in questa prima parte di stagione?
“Le squadre che più mi hanno sorpreso in questa prima parte di stagione sono sicuramente Monza e Napoli, il Monza perche’ ha saputo rialzarsi egregiamente da un brutto avvio, il Napoli perche’ è una macchina perfetta, sembra non avere punti deboli, anche se ancora è lunga…“
Da 0 a 10 che voto dai ai primi tre mesi del Monza in Serie A?
“Un bel 7, che è la media di un inizio deludente da 4, pienamente giustificato dall’esordio assoluto nella massima serie, e un proseguo da 9 con delle prestazioni sorprendenti.”
Juventus ed Inter sono ancora in corsa per lo scudetto?
“Dopo il Mondiale inizia un altro campionato per cui ritengo che sia Inter che Juventus sono pienamente in corsa.
Allegri è stato votato come migliore allenatore di novembre, la scelta ha fatto molto discutere, tu la condividi? “In parte sì, è difficile discutere Allegri e sicuramente gli va dato atto di aver ripreso in mano una situazione che sembrava non avere soluzioni. Il premio poteva benissimo andare ad altri allenatori meritevoli, penso ad esempio a Spalletti o Palladino.” Senza la nostra amata Italia guarderai i Mondiali? Per quale nazionale simpatizzerai? “Certo, i Mondiali sono sempre uno spettacolo incredibile, nonostante le note polemiche. Personalmente tiferò per l’Argentina, per Messi e Lautaro in particolare”
La redazione di AssoTutela è lieta di intervistare Francesca Galdiero, giovane e promettente modella, attrice, ballerina, artista poliedrica e ambiziosa.
Ciao Francesca, quando e dove hai iniziato a sfilare? “Ciao, ho iniziato a settembre dell’anno scorso per la prima volta a San Leucio per un concerto. Ho sfilato in un castello, indossando vestiti da cerimonia e da sposa.” Quando hai deciso di diventare modella? “Sin da piccola mi è piaciuta la moda, mi piacevano comprare, indossare i vestiti e farmi fotografare. Un giorno in spiaggia una ragazzina mi disse che faceva la modella in un’agenzia. Mi piacque l’idea e chiesi informazioni. Feci un mio primo shooting e poi iniziai a collaborare con l’agenzia che mi programmava le sfilate. Man mano mi sono appassionata di tutto questo mondo e quindi ho pensato di crearmi uno spazio mio per far vedere a tutti i miei outfit anche sui social. Mi piace la moda, la recitazione e, infatti, da piccola seguo corsi di teatro. Da due anni seguo anche corsi di dizione, di portamento, di danza, di lingue – ho il B1 di Cambridge. Insomma, mi piace saper fare più cose possibili.” Chi sono i tuoi modelli di riferimento? “Mi ispiro molto a Chiara Ferragni, ammiro molto il suo stile, i vestiti che indossa e il suo modo di fare. Come brand mi piacciono GCDS, Barrow, Prada; come attrice Zendaya e come cantante Ariana Grande. Zendaya e Ariana, secondo me, sono delle artiste complete perché recitano, cantano, ballano contemporaneamente. Io stessa aspiro a saper fare tutto e diventare, così, una persona poliedrica. Certo, ora sono ancora piccola, sto studiando e per me lo studio viene prima di tutto. Fortunatamente a scuola ho un’ottima media e non ho intenzione di abbandonare gli studi perché la cultura è alla base di tutto quello che si fa.” I tuoi genitori cosa ne pensano? Ti supportano? “Mia madre mi supporta, è la mia manager che gestisce tutti i miei contatti e mi accompagna ovunque. Anche mio padre mi supporta però è un po’ più titubante. Ho anche una sorella e un fratello che mi supportano pur avendo caratteri completamente diversi.“ Che esperienze hai fatto? “Ho partecipato a due cortometraggi da protagonista, di cui uno si chiama “Tre fiori”, un altro che stiamo ancora girando quindi non posso dire il nome e poi ho girato una serie web con LP Produzione dal titolo “Matt Giò e la bolla di sapone”. Feci una comparsa nel film di Natale di Alessandro Siani. La settimana scorsa ho girato uno spot pubblicitario al centro commerciale Maximo di Roma, dove ho registrato alcuni contenuti di Tik Tok assieme ai miei coetanei.” Cosa ti piace fare nel tempo libero? “Nel tempo libero esco un po’ con le mie amiche e facciamo i Tik Tok. Diciamo che il mio unico tempo libero è il sabato sera perché in settimana vado a scuola, a danza, poi ceno, svolgo i compiti scolastici e poi vado a letto. Il sabato mattina mi sveglio un po’ più tardi, il pomeriggio frequento il corso di portamento, poi torno a casa ed esco con le amiche. La domenica mi dedico ai miei familiari e poi preparo i compiti del giorno dopo.” Sogni nel cassetto? “Il mio sogno in assoluto è quello di diventare attrice. Qualche regista mi ha già notato. Io sto cercando di unire la mia passione per la moda con una solida base culturale: studio tanto, seguo corsi di teatro, di recitazione, di dizione. Io sto cercando di crearmi le basi, poi chissà il futuro cosa mi riserverà.”
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