Era il 12 ottobre del 2022, quando il romano Stefano Dal Corso, viene trovato impiccato, dagli agenti del carcere di Oristano, in cui stava scontando la sua pena di due anni per un litigio. Le cartelle della procura sarda affermano che sia “morto suicida”, a causa della frattura del collo e il caso viene archiviato. Ma la famiglia dell’uomo romano di quarantadue anni, non si convince della perizia effettuata. Le foto mostrano lividi sulle braccia e un solco all’attaccatura delle spalle. Il letto della cella di Stefano viene trovato intatto e allora, Stefano, dove avrebbe preso il lenzuolo con cui si sarebbe impiccato alle sbarre della finestra? La famiglia raccoglie 8.000 euro per effettuare un’autopsia privata; sono stati appoggiati sia da Ilaria Cucchi, che dal III Municipio di Roma, zona in cui Stefano e la sua famiglia vivevano. Secondo i medici specialisti, le foto mostrerebbero strangolamento, ma la Procura Sarda conferma il suicidio, archiviando il caso. Dal Corso, avrebbe dovuto lasciare il carcere di Oristano, il giorno successivo alla sua morte, per essere trasferito a Roma. Nella sua ultima lettera, avrebbe scritto l’intento di voler cambiare vita, assieme alla figlia e la compagna, tutti indizi che, secondo la famiglia, allontanerebbero ancora di più la possibilità che l’uomo si sia ucciso. Poi, ci sarebbero secondo i legali, i testimoni mai ascoltati, oltre che al misterioso libro recapitato alla sorella di Dal Corso, da quelli che vengono considerati “finti corrieri”, che la famiglia avrebbe considerato come un ulteriore indizio (inammissibile per la procura), un teso dal doppio titolo “La Confessione” e la “Morte”.
Ago 25