Trovati resti di un bambino, “è il corpicino di Gioele” CRONACA

Il piccolo Gioele giaceva lì, a poco meno di 300 metri dal traliccio in cui è stato rinvenuto il corpo della madre, Viviana Parisi. Del bambino è rimasto solo un tronco con una parte del femore, trascinato lì dagli animali selvatici “o suini dei Nebrodi, oppure cani randagi di grossa taglia”, dicono gli investigatori. A poco più di 100 metri di distanza c’era la testa del bambino, ormai in avanzato stato di decomposizione, quasi un teschio, con alcuni indumenti che apparterrebbero proprio al piccolo.Ci sono volute due settimane per arrivare a una svolta del caso e trovare il corpo del piccolo sparito nel nulla lo scorso 3 agosto insieme con la madre, il cui corpo è stato rinvenuto l’8 agosto. L’avvistamento del cadaverino, o meglio di ciò che resta del bambino, è avvenuto alle 10.28, da un carabiniere in congedo, che questa mattina ha partecipato, da volontario, alle ricerche del bambino nelle campagne di Caronia (Messina). Il suo nome è Giuseppe Di Bello, 55 anni, in pensione, che ‘armato’ di un falcetto è arrivato fino al luogo del ritrovamento del corpicino nascosto sotto una fitta vegetazione. In serata sono stati ritrovati altri resti del piccolo.

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Alle 12.20 è arrivato il Procuratore capo di Patti (Messina) Angelo Vittorio Cavallo, che coordina l’inchiesta, insieme con la Polizia scientifica e il medico legale Elvira Spagnolo. Ma da laggiù tornerà solo dopo quasi sei ore, con la “quasi certezza” che si tratti del bambino sparito. “Abbiamo trovato il corpo di un bambino dell’età di circa 3-4 anni, ma non abbiamo la certezza scientifica che si tratti di Gioele, servono ulteriori accertamenti”, si è limitato a dire, visibilmente stanco e provato, il magistrato parlando con i cronisti dopo il ritrovamento del corpicino.

“A breve mostreremo alcuni oggetti trovati ai familiari di Gioele per procedere a un primissimo ragionamento. Poi tutto è demandato agli accertamenti medico legali e alla comparazione del Dna”, aggiunge. E ancora: “Ora è il momento di lavorare in silenzio. Stiamo lavorando da 16 giorni e continueremo a farlo – aggiunge – Dobbiamo continuare a lavorare e andare a fondo di questa triste storia”.

Ma su quanto è accaduto quella mattina del 3 agosto è ancora buio fitto: “Perdono quota piste riconducibili ad ambiti familiari, in questo momento. Però non possiamo dire altro, lasciateci lavorare e fare i ragionamenti del caso”. L’autopsia sul corpicino ritrovato, ha detto Cavallo, sarà eseguita “a brevissimo”. Forse tra domani e dopodomani. Ha anche sottolineato di “escludere sul luogo la presenza di oggetti riconducibili alla madre di Gioele” che “potrebbero essere scarpe o altri indumenti di questo tipo”. Ma Cavallo tiene a sottolineare: “Abbiamo sempre pensato che il bambino fosse in questo posto e i fatti, purtroppo, ci hanno dato regione. Ringrazio tutti coloro che a vario titolo hanno partecipato alle ricerche – dice ancora – ci stringiamo attorno a questa famiglia”.

Le ipotesi privilegiate sulla morte di Gioele e della madre? “Ovviamente ci siamo fatti delle idee, si sono rafforzate alcune ipotesi e altre le abbiamo scartate”. Ma di più non dice. Ma come è possibile che sia stato un volontario a trovare il corpo del piccolo, dopo che per due settimane oltre settante uomini, dai vigili del fuoco alla Protezione civile, dai forestali al soccorso alpino della Guardia di finanza, alla Polizia ai rangers, con turni massacranti da 12 ore, hanno setacciato ogni angolo delle campagne nei dintorni, oltre 400 ettari di terreno?.

“Le zone vanno esaminate a vari livelli, ci sono livelli in cui si cerca una persona viva, ci sono livelli in cui si cerca qualcosa di più con un’altra intensità. Poi ci sono livelli in cui si cercano parti introvabili e si va con un’altra intensità di ricerca che comunque è stata seguita”, spiega il vicecomandante del comando provinciale dei vigili del fuoco di Messina, ingegner Ambrogio Ponterio, a proposito del ritrovamento di resti che presumibilmente appartengono al piccolo Gioele. E’ “arrivata questa persona, che è un conoscitore dei luoghi, con strumenti atti a farsi spazio tra la vegetazione – dice – aveva un falcetto che gli consentiva di passare dove passano gli animali”. A chi fa notare che sono stati usati dei droni senza trovare il corpo, risponde: “Mi perdoni, i droni dall’alto con questa fitta vegetazione riescono a vedere anche a terra? Non ci riescono”.

Intanto, Daniele Mondello, il papà di Gioele, è lì, seduto su un tronco d’albero accanto alla sorella Mariella e al padre Letterio con alcuni amici intimi. Non si sposta da lì, nemmeno per recarsi sul luogo del ritrovamento. Ma quando arriva la bara con il corpicino del bambino, scoppia in un pianto dirotto e batte i pugni sulla cassa di legno. “Gioele, Gioele”, dice ancora. Una scena straziante.

Daniele Mondello, per tutta la mattina, come fa da due settimane, è venuto a cercare il bambino. A bordo di un pick up, seduto sul cassone, ha raggiunto pure un ponte ed è salito da sotto per cercare in alcune zone. Poi, verso le 10 trovano un cappellino, ma lui, dopo avere visto la fotografia dell’oggetto, dopo avere consultato la sorella Mariella, ha detto “no, quel cappellino non è di mio figlio, il suo era di una marca diversa“. Sono stati circa 300 i volontari che questa mattina, già dalle sette, si sono radunati nel ‘campo base’ del distributore di benzina Ip sulla Statale 113 a Marina di Caronia (Messina), dopo l’appello lanciato dal padre Daniele sui social.

“Sono qui dalle 6.30 perché questa scomparsa del bambino mi angoscia dal primo giorno. Voglio partecipare anche io alle ricerche, come chiesto ieri dal padre del bambino”, dice Antonia, una casalinga di 39 anni di Acquedolci (Messina) che si è presentata all’alba al distributore di benzina Ip scelto come quartier generale per le ricerche bimbo. Arrivano alla spicciolata all’Ip per partecipare alle ricerche del piccolo. Ci sono anche Giovanni e Antonio, due agricoltori della zona. “Non è possibile sparire così”, dicono. “Anche noi vogliamo partecipare alle ricerche”.

Il bar è ancora chiuso, aprirà più tardi. C’è chi chiede del caffè “per svegliarsi”, chi vuole dell’acqua. Un giovane si presenta come se dovesse andare a un safari. Con la tuta mimetica e il cappellino color verde militare. “Ho letto ieri l’appello del papà di Gioele e sono venuto”, dice. “Tanto sono in ferie – aggiunge – e sono libero”. Poi, alle 10.28 la svolta.

Il carabiniere in congedo che trova il corpicino, straziato, del piccolo Gioele si limita a dire: “E’ stato un dono di Dio, l’ho trovato dove altri non lo hanno cercato…“. Intanto, al ‘campo base’ del distributore di benzina c’è aria di smobilitazione. I mezzi dei soccorritori stanno lasciando il quartier generale dove per due settimane hanno stazionato, giorno e notte, senza mai abbandonare la postazione. Lo scopo è stato raggiunto. Il corpicino è stato trovato. Dopo quello della madre.

Adesso tocca alla Procura di Patti capire cosa è accaduto quel 3 agosto, nella galleria Turdo sulla A20 Messina-Palermo. Quando Viviana Parisi e il piccolo Gioele hanno scavalcato quel guardrail facendo perdere le proprie tracce.

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