Un Vaccino per la violenza L’associazione no profit A.I.P.C.

A cura di Priscilla Rucco
Una delle sfide più importanti per la ricerca scientifica attuale è l’individuazione di un vaccino contro la
violenza. Il prossimo giugno (dal 7 al 23), l’Associazione A.I.P.C. darà il via ad una Campagna di prevenzione
sulla violenza, ribattezzata “Il protocollo scientifico AIPC: Un vaccino contro l’epidemia – VIOLENZA”.
L’Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia (A.I.P.C.), una no-profit fondata nel 2001, è formata da
un’equipe multidisciplinare di professionisti volontari che si occupa della violenza in genere, in modo
circolare e che si avvale di collaborazioni istituzionali.
Cos’è il protocollo scientifico A.I.P.C.?
“Nel 2011, con la collaborazione particolare della dott.ssa Tiziana Calzone, della dott.ssa Carmen Pellino e
del dott. Massimo Lattanzi, è stato strutturato il protocollo scientifico integrato A.I.P.C. Scientific Violence
Screening che prevede un assessment specifico della valutazione del rischio. Il protocollo A. S. V. S. forse
unico sul panorama internazionale è applicato alla popolazione di persone che hanno vissuto (subito, agito e
assistito) condotte violente, una rivoluzione “culturale” in termini di prevenzione e contrasto alla violenza,
un nuovo punto di partenza. Il protocollo prevede colloqui clinici, una valutazione psicofisiologica, una
psicodiagnostica specifica e un percorso integrante psicotraumatologia, mindfulness e terapia
sensomotoria. I “delitti familiari”, subiti, agiti o assistiti, generano peculiari A.C.E. (Esperienze avverse
nell’infanzia) e i cambiamenti neuro-bio-psico-relazionali attivatori di un'incontrollabile disregolazione
emotiva e dei conseguenti acting in e acting out. Il protocollo permette di valutare e controllare la
disregolazione emotiva e i conseguenti agiti.”
Come mai paragonate la violenza all’epidemia?
“La letteratura quando fa riferimento all’epidemia si riferisce alla manifestazione collettiva di una malattia
che si diffonde rapidamente fino a colpire un gran numero di persone in un territorio più o meno vasto, in
dipendenza da vari fattori, e che si sviluppa con andamento variabile per poi estinguersi dopo una durata
anch’essa variabile. Le epidemie si propagano per contagio diretto o con modalità indirette: queste ultime
possono essere individuali od organiche, climatiche, stagionali ecc.
Ricerche di tipo epidemiologico in Italia ci riproducono una tragica realtà della popolazione italiana, sia
maschile che femminile. La popolazione sarebbe colpita per oltre il 30% circa dalla violenza “manifesta” e da
una percentuale, di gran lunga superiore a quella manifesta definita “numero oscuro”. È comprensibile
come si possa parlare di epidemia. La disciplina biomedica che studia la distribuzione e la frequenza con cui
si manifestano le malattie è l’epidemiologia: essa approfondisce il ritmo con cui si manifestano le malattie e
le condizioni che favoriscono od ostacolano il loro sviluppo.”
Ci sono altri concetti e definizioni che possono aiutare meglio a comprendere?
“L’equipe multidisciplinare dell’AIPC fa riferimento in particolare al concetto di salute secondo l’OMS
(Organizzazione Mondiale Della Sanità). Un concetto riferibile a uno stato di completo benessere psichico,
fisico e sociale dell'uomo dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale. “Essere sani”
significa avere forza ed avere riserve da mobilitare per far fronte allo stress, alla fatica, alle malattie. Lo
“star bene” include aspetti positivi legati all'umore, alle sensazioni e all'equilibrio personale.
Un concetto globale di salute include varie dimensioni della persona intesa nella propria interezza come
quella fisica, psichica, emotiva, relazionale, spirituale e sociale. Nel dettaglio:
• Dimensione psichica: capacità di pensiero, di astrazione, di coerenza
• Dimensione emotiva: capacità di riconoscere ed esprimere in modo appropriato le nostre emozioni,
riuscendo a controllare il nostro equilibrio quotidiano tra euforia e depressione

• Dimensione relazionale: capacità di avere e mantenere relazioni con i propri coetanei, con il proprio
gruppo di appartenenza.
In questa panoramica la malattia “violenza” limita tutte le dimensioni dello star bene, la salute si pone
all’individuo come un diritto/dovere: ogni persona ha il diritto di usufruire dei mezzi più idonei per
conservare la salute e migliorarla, per recuperarla in caso di malattia, per eliminare le eventuali
conseguenze della malattia”
Il protocollo A.S.V.S. in che modo potrebbe agire come vaccino della violenza?
“Come stiamo imparando in questi ultimi due anni, l’efficacia del vaccino è valutata in termine di
interruzione della propagazione dell’agente patogeno e di limitazione dei sintomi più gravi e pericolosi.
Il protocollo A.S.V.S. seguendo i criteri della epidemiologia e della profilassi presuppone la conoscenza della
eziologia e patogenesi della malattia “violenza”. In particolare, il protocollo esamina peculiari A.C.E.
(Esperienze avverse nell’infanzia) e i cambiamenti neuro-bio-psico-relazionali attivatori di un'incontrollabile
disregolazione emotiva e dei conseguenti acting in e acting out. Il protocollo permette di valutare e
controllare la disregolazione emotiva e i conseguenti agiti, quindi il fattore di rischio.”
Quali sono le attività che saranno messe in programma in questa campagna?
“Le attività in programmazione sono quelle che l’equipe multidisciplinare di professionisti dell’A.I.P.C.
svolgono quotidianamente da circa 20 anni, la campagna intende far conoscere ulteriormente il protocollo e
consentire una profilassi più ampia possibile.
Il primo colloquio (in presenza o a distanza) individuale, di coppia o di gruppo/familiare è gratuito, eventuali
training (in presenza o a distanza) individuali, di coppia o di gruppo/familiare prevedono un contributo
spese così come la valutazione dell’indice di disfunzionalità relazionale/valutazione del rischio.
I canali per accedere ai servizi e alla loro prenotazione obbligatoria sono reperibili sul sito dell’associazione”.

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